Qualche giorno fa si è celebrata la giornata internazionale dell’alfabetizzazione. Mi piace pensare che, oltre alla giusta attenzione all’alfabetizzazione, intesa come l’insegnamento di nozioni sufficienti a leggere e scrivere, di tutte le persone, si inizi a volgere lo sguardo anche nei confronti dell’alfabetizzazione emotiva.

Rafael Bisquerra, psicologo e pedagogista spagnolo, definisce in modo chiaro ed esaustivo cosa si intende con educazione emotiva: “è il processo educativo continuo e permanente che mira a promuovere lo sviluppo emotivo come un complemento indispensabile dello sviluppo cognitivo, in quanto entrambi rappresentano due elementi essenziali dello sviluppo della personalità completa”.

Insegnare ai bambini a riconosce, nominare, accettare e gestire le proprie emozioni è in assoluto il primo passo per garantire loro uno sviluppo armonico sotto tutti i punti di vista. Una buona alfabetizzazione emotiva agevola, infatti, reazioni emotive equilibrate e funzionali con gli altri.

Non solo le abilità connesse al riconoscimento e alla gestione delle proprie emozioni ma anche il riconoscimento e la comprensione di quelle altrui concorrono infatti a definire il concetto di intelligenza emotiva, introdotto per la prima volta dallo psicologo statunitense Daniel Goleman: capacità di riconoscere i nostri sentimenti e quelli degli altri, di motivare noi stessi, e di gestire positivamente le nostre emozioni, tanto interiormente, quanto nelle relazioni sociali”.

Sebbene molto del lavoro sull’alfabetizzazione emotiva possa essere svolto in contesto scolastico, sin dall’asilo nido, quale luogo privilegiato di scambio tra coetanei, altrettanto è bene che venga fatto dai genitori. Ma come? Di seguito condivido con voi alcuni suggerimenti per favorire l’alfabetizzazione emotiva in famiglia:

  • La sintonizzazione emotiva tra genitori e bambino è un processo innato che avviene sin dai primi momenti di vita ma che richiede una costante cura e allenamento. Rispecchiare le espressioni facciali, riprodurre i suoni e imitare i gesti e movimenti del proprio bambino lo aiuta a comprendere che i suoi sentimenti sono riconosciuti e importanti.
  • Nominare le emozioni. Dando un nome a quello che il bambino esprime con il suo comportamento gli si permette di associare una parola, un nome, a una sensazione. Una volta che questa associazione è assodata il bambino sarà in grado di riconoscere il suo stato emotivo anche senza manifestare comportamenti poco funzionali.
  • Evitare di minimizzare. È molto importante non minimizzare, o addirittura ignorare, le emozioni e i sentimenti che il bambino vive. La repressione e la minimizzazione sono infatti i principali comportamenti che portano ad agiti aggressivi e/o a sintomi ansiosi e depressivi. Imparare che le emozioni sono da evitare, o addirittura negare, non gli permetterà di riconoscerle e farvi fronte.
  • Insegnare strategie di coping. È molto importante insegnare al proprio bambino, attraverso l’esperienza diretta e l’esempio, a far fronte ai vari sentimenti che può provare. Per permettere al bambino di apprendere attraverso l’esperienza diretta è necessario che i genitori siano in grado di gestire le proprie emozioni, in modo da potersi porre come modello positivo e da poter guidare il proprio figlio.
  • Anche nel caso dell’alfabetizzazione emotiva la condivisione e la comprensione sono i metodi più efficaci per ottenere un buon risultato. Mostrare al bambino che si provano le stesse emozioni lo aiuta ad identificarle e a comprendere che sono normali.
  • Non avere paura delle emozioni. Non esistono emozioni giuste o sbagliate ma sicuramente esistono emozioni più facili e più difficili da gestire: rabbia, tristezza, paura sebbene siano più difficili da “gestire” sono utili in quanto aumentano la resilienza.

Riconoscere, nominare e gestire le emozioni non è affatto un compito sempre facile. Richiede allenamento e costanza e per questo l’educazione emotiva non è destinata solo ai bambini ma può essere impartita anche ad adulti e anziani. Accrescere le proprie competenze emotive può portare a sperimentare un maggior benessere come individui e a motivarsi per realizzarsi nel pieno delle proprie possibilità.

Qualche giorno fa si è celebrata la giornata internazionale dell’alfabetizzazione. Mi piace pensare che, oltre alla giusta attenzione all’alfabetizzazione, intesa come l’insegnamento di nozioni sufficienti a leggere e scrivere, di tutte le persone, si inizi a volgere lo sguardo anche nei confronti dell’alfabetizzazione emotiva.

Rafael Bisquerra, psicologo e pedagogista spagnolo, definisce in modo chiaro ed esaustivo cosa si intende con educazione emotiva: “è il processo educativo continuo e permanente che mira a promuovere lo sviluppo emotivo come un complemento indispensabile dello sviluppo cognitivo, in quanto entrambi rappresentano due elementi essenziali dello sviluppo della personalità completa”.

Insegnare ai bambini a riconosce, nominare, accettare e gestire le proprie emozioni è in assoluto il primo passo per garantire loro uno sviluppo armonico sotto tutti i punti di vista. Una buona alfabetizzazione emotiva agevola, infatti, reazioni emotive equilibrate e funzionali con gli altri.

Non solo le abilità connesse al riconoscimento e alla gestione delle proprie emozioni ma anche il riconoscimento e la comprensione di quelle altrui concorrono infatti a definire il concetto di intelligenza emotiva, introdotto per la prima volta dallo psicologo statunitense Daniel Goleman: capacità di riconoscere i nostri sentimenti e quelli degli altri, di motivare noi stessi, e di gestire positivamente le nostre emozioni, tanto interiormente, quanto nelle relazioni sociali”.

Sebbene molto del lavoro sull’alfabetizzazione emotiva possa essere svolto in contesto scolastico, sin dall’asilo nido, quale luogo privilegiato di scambio tra coetanei, altrettanto è bene che venga fatto dai genitori. Ma come? Di seguito condivido con voi alcuni suggerimenti per favorire l’alfabetizzazione emotiva in famiglia:

  • La sintonizzazione emotiva tra genitori e bambino è un processo innato che avviene sin dai primi momenti di vita ma che richiede una costante cura e allenamento. Rispecchiare le espressioni facciali, riprodurre i suoni e imitare i gesti e movimenti del proprio bambino lo aiuta a comprendere che i suoi sentimenti sono riconosciuti e importanti.
  • Nominare le emozioni. Dando un nome a quello che il bambino esprime con il suo comportamento gli si permette di associare una parola, un nome, a una sensazione. Una volta che questa associazione è assodata il bambino sarà in grado di riconoscere il suo stato emotivo anche senza manifestare comportamenti poco funzionali.
  • Evitare di minimizzare. È molto importante non minimizzare, o addirittura ignorare, le emozioni e i sentimenti che il bambino vive. La repressione e la minimizzazione sono infatti i principali comportamenti che portano ad agiti aggressivi e/o a sintomi ansiosi e depressivi. Imparare che le emozioni sono da evitare, o addirittura negare, non gli permetterà di riconoscerle e farvi fronte.
  • Insegnare strategie di coping. È molto importante insegnare al proprio bambino, attraverso l’esperienza diretta e l’esempio, a far fronte ai vari sentimenti che può provare. Per permettere al bambino di apprendere attraverso l’esperienza diretta è necessario che i genitori siano in grado di gestire le proprie emozioni, in modo da potersi porre come modello positivo e da poter guidare il proprio figlio.
  • Anche nel caso dell’alfabetizzazione emotiva la condivisione e la comprensione sono i metodi più efficaci per ottenere un buon risultato. Mostrare al bambino che si provano le stesse emozioni lo aiuta ad identificarle e a comprendere che sono normali.
  • Non avere paura delle emozioni. Non esistono emozioni giuste o sbagliate ma sicuramente esistono emozioni più facili e più difficili da gestire: rabbia, tristezza, paura sebbene siano più difficili da “gestire” sono utili in quanto aumentano la resilienza.

Riconoscere, nominare e gestire le emozioni non è affatto un compito sempre facile. Richiede allenamento e costanza e per questo l’educazione emotiva non è destinata solo ai bambini ma può essere impartita anche ad adulti e anziani. Accrescere le proprie competenze emotive può portare a sperimentare un maggior benessere come individui e a motivarsi per realizzarsi nel pieno delle proprie possibilità.