Sapete quanti sono i disabili in Italia? Secondo i più aggiornati dati Istat sono 3,1 milioni, il 5,2% della popolazione italiana. Sapete chi è la principale istituzione che si occupa della cura di queste persone? La famiglia.

Ma qualcuno si è preoccupato delle famiglie che hanno vissuto il lockdown chiuse in casa ad assistere un familiare con disabilità? Io in questo periodo ho sentito parlare ancora meno del solito di questa tematica e ho ahimè invece sentito molte mamme e papà in estrema difficoltà.

Due le principali tematiche che hanno duramente provato queste famiglie: l’interruzione dei progetti riabilitativi e la totale solitudine nella gestione domestica del loro bambino.

Di come le mamme e i papà si siano improvvisati tecnici informatici per aiutare i figli nella didattica a distanza abbiamo già parlato, di come abbiano, di fatto, anche sopperito alla non inclusività della didattica a distanza pure, ma che si siano messi a fare, più di quello che già facevano prima, i fisioterapisti, i logopedisti, gli infermieri e gli OSS forse non tutti lo sanno.

Il carico che hanno dovuto sostenere, che già in tempi “normali” è elevato, è diventato per molti davvero insostenibile.

Le persone con disabilità avrebbero dovuto essere maggiormente tutelate e protette da questo virus. Credo sia stata una mancanza non da poco che, al contrario, il carico assistenziale sia stato quasi totalmente affidato alle famiglie.
Una delle cose che ho capito essere più mancata è stata, ancora una volta, la corretta comunicazione a tutte queste famiglie. Una comunicazione coerente, completa e comprensibile a tutti che avrebbe sicuramente permesso a questi genitori di sentirsi meno soli e avrebbe permesso loro di potersi fidare e affidare maggiormente anche degli aiuti esterni che in qualche caso sono stati offerti ma rifiutati.

La concessione alla riapertura, con Decreto del 26 aprile, dei centri diurni e semi-residenziali ha sicuramente permesso a queste famiglie di godere di una boccata di ossigeno ma non posso proprio non pensare a quelle famiglie che non sono state raggiunte da nessuno perché magari ancora fuori da una rete o troppo impegnate per fermarsi e chiedere aiuto.

Da parte mia ho cercato di offrire sostegno psicologico telefonico negli orari più disparati perché gli orari di una mamma con un figlio con disabilità sono scanditi da terapie, farmaci, alimentazione parenterale, igiene.

Sapete quanti sono i disabili in Italia? Secondo i più aggiornati dati Istat sono 3,1 milioni, il 5,2% della popolazione italiana. Sapete chi è la principale istituzione che si occupa della cura di queste persone? La famiglia.

Ma qualcuno si è preoccupato delle famiglie che hanno vissuto il lockdown chiuse in casa ad assistere un familiare con disabilità? Io in questo periodo ho sentito parlare ancora meno del solito di questa tematica e ho ahimè invece sentito molte mamme e papà in estrema difficoltà.

Due le principali tematiche che hanno duramente provato queste famiglie: l’interruzione dei progetti riabilitativi e la totale solitudine nella gestione domestica del loro bambino.

Di come le mamme e i papà si siano improvvisati tecnici informatici per aiutare i figli nella didattica a distanza abbiamo già parlato, di come abbiano, di fatto, anche sopperito alla non inclusività della didattica a distanza pure, ma che si siano messi a fare, più di quello che già facevano prima, i fisioterapisti, i logopedisti, gli infermieri e gli OSS forse non tutti lo sanno.

Il carico che hanno dovuto sostenere, che già in tempi “normali” è elevato, è diventato per molti davvero insostenibile.

Le persone con disabilità avrebbero dovuto essere maggiormente tutelate e protette da questo virus. Credo sia stata una mancanza non da poco che, al contrario, il carico assistenziale sia stato quasi totalmente affidato alle famiglie.
Una delle cose che ho capito essere più mancata è stata, ancora una volta, la corretta comunicazione a tutte queste famiglie. Una comunicazione coerente, completa e comprensibile a tutti che avrebbe sicuramente permesso a questi genitori di sentirsi meno soli e avrebbe permesso loro di potersi fidare e affidare maggiormente anche degli aiuti esterni che in qualche caso sono stati offerti ma rifiutati.

La concessione alla riapertura, con Decreto del 26 aprile, dei centri diurni e semi-residenziali ha sicuramente permesso a queste famiglie di godere di una boccata di ossigeno ma non posso proprio non pensare a quelle famiglie che non sono state raggiunte da nessuno perché magari ancora fuori da una rete o troppo impegnate per fermarsi e chiedere aiuto.

Da parte mia ho cercato di offrire sostegno psicologico telefonico negli orari più disparati perché gli orari di una mamma con un figlio con disabilità sono scanditi da terapie, farmaci, alimentazione parenterale, igiene.